TRATTAMENTO COGNITIVO DELLA DIPENDENZA DA INTERNET: PROTOCOLLO DEI 12 PASSI DI K. YOUNG

Questo protocollo (Young, 2011) è particolarmente indicato per la dipendenza da Internet perché è progettato per ogni singolo paziente con l’obiettivo di modificare il comportamento disfunzionale legato all’utilizzo di Internet.

Il primo obiettivo del protocollo dei 12 passi consiste nell’aumentare la consapevolezza del soggetto rispetto al suo comportamento-problema. E’ fondamentale innanzitutto comprendere quali attività sono state trascurate a causa dell’uso patologico di Internet e valutare la quantità di tempo dedicata al web, con l’obiettivo successivo di ridurre le ore di connessione.

Un altro passo importante è quello di valutare l’utilizzo di sostanze stimolanti, come droghe, caffè, tabacco, che il soggetto può utilizzare per aumentare la quantità di tempo dedicata alle attività online. Questo perché può portare ad un’alterazione del ritmo sonno-veglia e un peggioramento delle difficoltà relazionali con i familiari, amici, partner e avere ripercussioni anche sul lavoro.

Altro obiettivo fondamentale sarà riconoscere come e perché il comportamento si innesca, utilizzando l’Analisi Funzionale che aiuta a comprendere sensazioni, emozioni e pensieri prima, durante e dopo il collegamento online per capire cosa si sta evitando e cosa si vuole provare attraverso l’utilizzo di Internet.

Per consentire al paziente di gestire in modo funzionale il suo tempo e per allontanarlo dalle sue abitudini virtuali si possono utilizzare tecniche come la pratica dell’opposto, le carte promemoria e stabilire delle regole.

  • La pratica dell’opposto: consiste nel ricercare i comportamenti disfunzionali legati all’utilizzo di Internet e praticare l’opposto seguendo i principi del decondizionamento del comportamento problematico (per esempio se il soggetto si collega a Internet il fine settimana si prova ad usarlo durante i giorni lavorativi…).
  • Le carte promemoria: questa tecnica è utile per limitare l’utilizzo di Internet. Consiste nel chiedere al paziente di fare delle schede promemoria nelle quali dovrà indicare cinque vantaggi principali nel limitare la connessione e cinque svantaggi principali nell’utilizzare eccessivamente il web. Il paziente dovrà portare con sé le carte e leggerle ogni volta che avvertirà la tentazione di collegarsi; in questo modo potrà valutare cosa può evitare e cosa può fare per stare bene.
  • Stabilire delle regole: consiste nell’utilizzare dei riferimenti (stabiliti in seduta) per interrompere l’abitudine disfunzionale (per esempio se il soggetto si collega la sera dopo che si è coricato, si deciderà di interrompere il collegamento prima di andare a dormire).

Poiché spesso i dipendenti da Internet non riescono a riconoscere il proprio comportamento come problematico o lo negano, è necessario coinvolgere partner e familiari e informarli su quali sono i segnali utili per riconoscere la dipendenza da Internet del proprio caro. Questi segnali sono:

  • Alterazione del ciclo sonno-veglia e del comportamento alimentare: in genere i dipendenti vanno a letto molto tardi, mangiano davanti allo schermo o saltano i pasti.
  • Ricerca di privacy e intimità: considerano la rete un posto sicuro e tendono ad escludere gli altri. In particolare i dipendenti da cybersesso ricercano intimità per nascondere un’eventuale relazione online.
  • Cambiamento dell’umore: le oscillazioni emotive dipendono dalle conseguenze positive o negative delle attività virtuali.
  • Perdita di interesse: tendono a limitare o eliminare del tutto le attività offline. Ci possono essere perdita di interesse nel sesso con il partner, negli hobbies, riduzione del tempo dedicato allo sport e alla professione…

Il protocollo della Young inoltre prevede alcune strategie per identificare eventuali processi di negazione del problema da parte dei dipendenti da Internet. In genere questi pazienti alzano un muro tra loro e i familiari, giustificando il loro comportamento con frasi come “non sto facendo niente di male”, “non ho nessun problema” o facendo ricadere la colpa sull’altro.

Inoltre i dipendenti da Internet tendono a sminuire i propri comportamenti, come le ore trascorse sul web e le spese effettuate nei diversi siti.

Per prevenire le ricadute e per aiutare il paziente a migliorare le relazioni sociali sono molto utili i gruppi di supporto, efficaci nel caso in cui la dipendenza da Internet sia stata favorita dalla mancanza di supporto all’interno della rete sociale di appartenenza.

Esistono anche i gruppi di auto-aiuto, online e/o offline, composti da persone che condividono lo stesso problema. L’obiettivo è quello di stabilire e di osservare precise regole per l’utilizzo di Internet, in modo da acquisire di nuovo il controllo della propria vita.

Valentina Bennati

TRAUMA E DIPENDENZA DA INTERNET

Il trauma può essere definito come la conseguenza all’esposizione di un evento doloroso, imprevedibile, che va al di là delle capacità di gestione del soggetto, tale da generare in chi lo subisce un’interruzione o un danno alla propria integrità fisica e mentale. L’evento critico al quale è esposto il soggetto viene definito evento traumatico.

In letteratura esistono diverse ricerche che evidenziano uno stretto legame tra trauma e dipendenza.

Molti studi indicano il trauma come potenzialmente minaccioso per il successivo sviluppo di una dipendenza da sostanze, da alcool, da gioco d’azzardo e dal sesso.

Traumi infantili possono facilitare lo sviluppo di una dipendenza da gioco d’azzardo offline e online. Sono stati riportati, in diversi campioni di giocatori d’azzardo patologici, tassi di abuso sessuale infantile che vanno dal 22% al 56% per le femmine e tra il 6% e il 45% per i maschi (Dion et al., 2015).

Secondo alcuni autori, la vittima di abuso rientra nel gruppo dei “giocatori emozionalmente vulnerabili”, i quali, oltre a fattori innati predisponenti, giocano d’azzardo motivati dal desiderio di modulare i propri stati affettivi e/o soddisfare specifici bisogni psicologici. Il gioco d’azzardo patologico può quindi essere visto come una strategia disfunzionale per fuggire, prendere le distanze o ridurre lo stress derivante dal trauma infantile subito (Blaszczynski & Nower, 2002).

Alcuni studi sottolineano la rilevanza di un’esperienza traumatica nel successivo sviluppo di una dipendenza cyber-sessuale e in generale indicano le vittime di abuso sessuale infantile come soggetti potenzialmente a rischio di sviluppare comportamenti disfunzionali legati al sesso (Kuzma & Black, 2008).

Valentina Bennati

DIPENDENZE COMPORTAMENTALI

Generalmente quando parliamo di dipendenza intendiamo la dipendenza da sostanze stupefacenti (cocaina, eroina, marijuana…), da alcool, caffeina e tabacco. Esistono, invece, altre forme di dipendenza “senza sostanza”: le dipendenze comportamentali.

Le dipendenze comportamentali (ma anche quelle determinate dall’uso di sostanze) sono caratterizzate da:

  1. impossibilità di resistere all’impulso di mettere in atto il comportamento, con l’intento di sperimentare gratificazione o di alleviare delle sensazioni negative (compulsività);
  2. sensazione crescente di tensione che precede immediatamente l’inizio del comportamento (craving);
  3. piacere o sollievo durante la messa in atto del comportamento
  4. percezione di perdita di controllo
  5. persistenza del comportamento nonostante la sua associazione con conseguenze negative: il soggetto a lungo andare non proverà più piacere, ossia la gratificazione sarà presente solo nelle fasi iniziali della dipendenza per poi essere sostituita da una compulsione incontrollabile; instabilità emotiva (ansia, rabbia e depressione); compromissione della vita sociale, familiare e lavorativa (Pani e Biolcati, 2006; Caretti e La Barbera, 2005).

Tra le forme di dipendenza comportamentale rientrano lo shopping compulsivo, la dipendenza affettiva, la dipendenza sessuale, il gioco d’azzardo patologico, la dipendenza dal lavoro e la dipendenza da Internet.

Numerosi studi riportano un’elevata frequenza di condizioni di polidipendenza, ossia la compresenza di una o più dipendenze, da sostanze e comportamentali, nella stessa persona, e di cross-addiction, ossia il passaggio nella storia di vita della persona da una dipendenza a un’altra (Caretti e La Barbera, 2005).

Valentina Bennati