INTEGRARE I RICORDI TRAUMATICI

Quando le persone ricordano un evento ordinario, non rivivono anche le sensazioni fisiche, le emozioni, gli odori, le immagini o i suoni ad esso associati.

Al contrario, quando le persone ricordano i traumi in modo completo, ne hanno proprio l’esperienza: sono sopraffatti di elementi sensoriali ed emotivi del passato.

Durante i flashback di un ricordo traumatico, per esempio, due aree del cervello risultano spente: l’area che conferisce alle persone la percezione del tempo e della prospettiva, che porta a pensare “E’ accaduto in passato e ora sono al sicuro”, e un’altra area che integra suoni, immagini e sensazioni del trauma all’interno di una storia coerente. Se queste aree del cervello sono disattivate, si vive l’evento come sotto forma di frammenti di sensazioni, emozioni e immagini e non come se avesse un inizio, una parte centrale ed una fine (Van Der Kolk, 2015) .

Un trauma può essere elaborato con successo se tutte le strutture del cervello rimangono attive e collegate. In questo modo mentre si ricorda ciò che è accaduto, la persona può integrare il ricordo traumatico e collocarlo nel passato, altrimenti, se il cervello è disattivato non ci sarà integrazione ed elaborazione.

Valentina Bennati

MODELLO COGNITIVO DELLE ALLUCINAZIONI IMPERATIVE

Le allucinazioni sono percezioni senza oggetto che il soggetto non mette in discussione e hanno carattere autocentrico , in quanto sono rivolte verso sé stessi. Secondo il modello cognitivo l’allucinazione è un dialogo interno erroneamente interpretato come proveniente dall’esterno.

Le allucinazione imperative (allucinazioni uditive che ordinano al soggetto un’azione, come farsi del male, uccidersi, uccidere altre persone…) sono tra i sintomi delle psicosi più importanti, disturbanti e resistenti al trattamento.

Secondo il modello cognitivo delle allucinazioni imperative (Chadwick e Birchwood, 1994) la sofferenza e l’obbedienza alle voci dipende dalla valutazione che il paziente fa delle voci stesse. E’ importante per questo capire come e perché si generino.

Le reazioni emotive (sofferenza, rabbia e depressione) e comportamentali (assecondarle o gestirle) nei confronti delle voci sono scatenate dalle credenze del soggetto in merito al loro scopo e significato, oltre che dalla loro natura e dal loro contenuto.

Secondo questo modello l’esperienza della voce costituisce l’elemento attivante (A: evento interno attivante) le credenze centrali del soggetto (B: credenze). Tali credenze riguardano: il potere delle voci, ossia quanto è possibile controllare le voci e quanto è obbligatorio obbedirvi (obbedienza/resistenza); la natura della voce, ossia a chi appartiene la voce (fonte buona o cattiva) e il significato e scopo delle voci, ossia il tentativo di darvi una spiegazione e comprenderne la provenienza (la causa).

Le credenze elicitano delle reazioni (C: conseguenze) emotive (rabbia, paura, depressione) e comportamentali ( assecondare, gestire le voci). Le azioni di assecondare o gestire le voci potrebbero essere classificate come “comportamenti protettivi”, dato che sembrano salvare il paziente (per esempio “Se non faccio quello che la voce mi dice morirò”), ma mantengono in vita le sue credenze prive di fondamento.

Valentina Bennati

IL NARCISISMO PATOLOGICO E IL VUOTO NELL’IDENTITA’

Lo stato di vuoto che caratterizza la personalità narcisista è rappresentato dalla mancanza di scopi esistenziali, dal mancato riconoscimento dei desideri e dall’assenza di significati nella vita che sono alla base di tale personalità.

Il narcisista vede il mondo come privo di interesse, il corpo senza spirito, le emozioni appaiono spente.

Le emozioni che prevalgono sono la noia (dovuta all’incapacità di darsi degli obiettivi a lungo termine e dalla mancanza di senso nella vita) e l’angoscia (quando il vuoto diventa nulla e compare l’insignificanza dell’Io). E’ frequente il ricorso all’uso di sostanze stupefacenti o la messa in atto di azioni compulsive con lo scopo di attivare, distrarre e ridurre l’angoscia del nulla.

Il senso di sé è caratterizzato dalla sensazione di essere anonimo, insignificante, dall’essere un qualcosa che non lascia traccia. Il vuoto talvolta può diventare insoddisfazione cronica.

Lo stato di vuoto può comparire improvvisamente e portare il soggetto a sperimentare terrore, attacchi di panico e, nei casi più gravi, sintomi dissociativi.

La condizione di vuoto, la mancanza di spinta vitale, l’assenza di desideri e la fragilità dell’Io si accompagnano alla sensazione di non avere un ruolo nella vita e rendono il narcisista sensibile ad entrare in stati di umiliazione e vergogna.

I fattori che possono aver reso vulnerabile il soggetto a sperimentare questo stato di vuoto e di inconsistenza sono da ricercare nell’ambiente di sviluppo, dove non è stata rimandata al bambino un’immagine articolata e realistica di sé, non ha ricevuto l’aiuto per sviluppare un’adeguata comprensione dei processi mentali.

Da qui il bambino non ha sviluppato un’immagine di sé realistica e coerente e questo lo ha portato con il tempo a sentirsi inadeguato, sensibile alla vergogna e all’umiliazione, ad avere difficoltà nel compiere scelte e a darsi una direzione nella vita. Per evitare di cadere in questo stato di umiliazione (dal quale il narcisista cerca di fuggire con tutte le sue forze) la soluzione migliore è quella di mostrare grandiosità e orgoglio agli occhi degli altri.

Grandiosità e orgoglio non sono altro che strategie difensive che il narcisista mette in atto per non mostrare la propria vulnerabilità: sono la soluzione al vuoto e alla vergogna.

Valentina Bennati