MODELLO COGNITIVO DELLE ALLUCINAZIONI IMPERATIVE

Le allucinazioni sono percezioni senza oggetto che il soggetto non mette in discussione e hanno carattere autocentrico , in quanto sono rivolte verso sé stessi. Secondo il modello cognitivo l’allucinazione è un dialogo interno erroneamente interpretato come proveniente dall’esterno.

Le allucinazione imperative (allucinazioni uditive che ordinano al soggetto un’azione, come farsi del male, uccidersi, uccidere altre persone…) sono tra i sintomi delle psicosi più importanti, disturbanti e resistenti al trattamento.

Secondo il modello cognitivo delle allucinazioni imperative (Chadwick e Birchwood, 1994) la sofferenza e l’obbedienza alle voci dipende dalla valutazione che il paziente fa delle voci stesse. E’ importante per questo capire come e perché si generino.

Le reazioni emotive (sofferenza, rabbia e depressione) e comportamentali (assecondarle o gestirle) nei confronti delle voci sono scatenate dalle credenze del soggetto in merito al loro scopo e significato, oltre che dalla loro natura e dal loro contenuto.

Secondo questo modello l’esperienza della voce costituisce l’elemento attivante (A: evento interno attivante) le credenze centrali del soggetto (B: credenze). Tali credenze riguardano: il potere delle voci, ossia quanto è possibile controllare le voci e quanto è obbligatorio obbedirvi (obbedienza/resistenza); la natura della voce, ossia a chi appartiene la voce (fonte buona o cattiva) e il significato e scopo delle voci, ossia il tentativo di darvi una spiegazione e comprenderne la provenienza (la causa).

Le credenze elicitano delle reazioni (C: conseguenze) emotive (rabbia, paura, depressione) e comportamentali ( assecondare, gestire le voci). Le azioni di assecondare o gestire le voci potrebbero essere classificate come “comportamenti protettivi”, dato che sembrano salvare il paziente (per esempio “Se non faccio quello che la voce mi dice morirò”), ma mantengono in vita le sue credenze prive di fondamento.

Valentina Bennati

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