DIETA FERREA E PERDITA DI PESO NEI DISTURBI ALIMENTARI

La dieta rigida e la perdita di peso sono i principali fattori che mantengono l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa.

I principali meccanismi di mantenimento del disturbo alimentare:

  1. I RINFORZI: i rinforzi positivi e negativi legati alla dieta e alla perdita di peso (per esempio i complimenti di amici e parenti sulla perdita di peso o la percezione di controllo data dalla dieta stessa) aumentano il bisogno di controllare l’alimentazione e il peso.
  2. LA FAME: l’intensa fame data dalla restrizione alimentare è vista come minaccia per il peso e la sazietà e pienezza come un fallimento dell’autocontrollo. Entrambi portano ad una ulteriore restrizione alimentare.
  3. LA REAZIONE DELL’ORGANISMO: l’organismo reagisce alla restrizione riducendo il consumo di energia e di conseguenza la perdita di peso, con il tempo, rallenta. Tale elemento viene percepito come perdita di controllo e porta ad un aumento della restrizione alimentare.
  4. LA COLPA: la tendenza ad abbuffarsi può generare senso di colpa che può condurre a comportamenti di compenso, come il vomito. Questo peggiora il controllo alimentare e favorisce le abbuffate.
  5. L’ANSIA: la preoccupazione di prendere peso può portare da una parte ad incrementare il controllo alimentare, oppure dall’altra può portare a mangiare in eccesso, favorendo le abbuffate, che a loro volta aumentano la preoccupazione per la forma e il peso.
  6. LA DEPRESSIONE: i vissuti di fallimento e di colpa possono portare a provare una profonda tristezza, che peggiora l’autostima e favorisce l’utilizzo del cibo, della forma e del peso come mezzo di autovalutazione.
  7. LA BASSA CONCENTRAZIONE: la riduzione della concentrazione dovuta al digiuno porta ad una percezione di perdita di controllo, in quanto diventa difficile seguire con attenzione le varie situazioni. Questo incide negativamente sull’umore e sull’autostima.
  8. L’ISOLAMENTO SOCIALE: la tendenza ad isolarsi relativa ad emozioni spiacevoli rende difficile l’instaurarsi di relazioni positive che possono migliorare l’autostima e può portare, inoltre, la persona ad utilizzare il cibo, la forma corporea e il peso come unico mezzo per valutare se stesso.

Fonte: Dalle Grave R. (2015). Alle mie pazienti dico… Positive Press

Valentina Bennati

5 FATTORI CHE INFLUENZANO IL MODO IN CUI MANGIO

  1. IL LUOGO. Dove mi trovo (a casa, da amici, al ristorante, per strada…)? Ho fretta oppure posso mangiare con calma? Posso lasciare qualcosa nel piatto se non mi va? Sono in piedi? Sono seduto a tavola oppure sul letto o sul divano? Ci sono altre persone che mi guardano?
  2. COSA FACCIO MENTRE MANGIO. Sto camminando? Lavoro al pc? Parlo con qualcuno? Sono al cellulare? Leggo le notizie? Guardo la tv? Fare qualcos’altro mentre si mangia porta a mangiare più velocemente e di conseguenza induce a mangiare maggiori quantità di cibo.
  3. CON CHI SONO. Mangiare in compagnia può portare a mangiare di più se sono stimolato, oppure a mangiare poco per la paura di essere giudicato e magari ad abbuffarmi per la fame una volta tornato a casa.
  4. LA POSIZIONE. Sono in piedi su un mezzo di trasporto? Sono seduto oppure disteso sul letto? Una posizione seduta, comoda mi permette di respirare bene e mangiare lentamente.
  5. COME MI SENTO. Lo stress e l’ansia possono portare a mangiare con voracità e velocemente i pasti, impedendo la giusta distanza emotiva tra me e il cibo.

Di solito non ci accorgiamo di come questi 5 fattori influenzino in modo negativo il nostro peso e le nostre abitudini alimentari. Tutti questi elementi possono incidere negativamente sulla consapevolezza rispetto a cosa mangiamo e perché mangiamo.

Essere consapevoli di cosa stiamo mangiando e del perché stiamo mangiando aiuta a mangiare la quantità di cibo adatta alle nostre esigenze e alla fame che abbiamo, oltre a favorirne un consumo più lento.

Ci aiuta, in poche parole, ad ascoltare le esigenze del nostro corpo, mantenendolo in equilibrio con le nostre emozioni.

Fonte: Tahon P. (2019). Metti a dieta la tua mente. Gribaudo

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…. e se ti va prova a fare questo breve esercizio!

Valentina Bennati

CI MANGIO SU’: QUANDO IL CIBO DIVENTA STRUMENTO PER GESTIRE LE EMOZIONI

Nutrirsi è un bisogno fondamentale. Oltre alla sua funzione principale, il cibo, ha anche una connotazione sociale: accompagna gran parte dei nostri ricordi ed è uno strumento di condivisione e, come tale, può essere fonte di soddisfazione oppure il nostro più grande nemico.

Se il cibo è diventato uno strumento che ti permette di abbassare la tristezza, sfogare la rabbia o annientare il senso di colpa, può sembrarti il tuo principale alleato, ma in realtà lo stai utilizzando per neutralizzare o allontanare le tue emozioni e a lungo andare puoi perdere la capacità di gestire i tuoi comportamenti e i tuoi pensieri.

Per tornare ad avere il timone delle tue emozioni e del tuo comportamento, liberandoti dalla prigione del cibo, prova a fermarti e a puntare il tuo sguardo in tre direzioni diverse: passato, presente e futuro.

UNO SGUARDO AL PASSATO

Voltati indietro e chiediti:

  • Quando ho iniziato a cercare sollievo nel cibo? Cercare il fattore scatenante è il primo passo da fare. Puoi andare indietro nel tempo e cercare di ricordarti come eri prima e come sei adesso per trovare quale evento o quali eventi della vita ti hanno portato a rifugiarti nel cibo.

UNO SGUARDO AL PRESENTE

Poni l’attenzione al momento attuale che stai vivendo e chiediti:

  • Quali emozioni provo? Il secondo passo da fare è cercare di capire quali emozioni cerco di neutralizzare o reprimere attraverso il cibo. Nel momento preciso in cui inizio a mangiare cosa provo? Sono arrabbiato? Sono triste? Sono infelice? Sono in ansia?
  • Quali pensieri mi passano per la testa nel momento in cui inizio a mangiare? Ad ogni emozione sono collegati uno o più pensieri e sono proprio questi ultimi che guidano le nostre sensazioni e il nostro comportamento. Per identificare pensieri ed emozioni puoi aiutarti con un Diario Giornaliero dove scriverai:
    • Colazione, pranzo, merenda, cena: cibo e bevande; emozioni e pensieri; motivo per il quale mangio (fame, noia, condivisione, piacere, routine…).

UNO SGUARDO AL FUTURO

Immaginati tra un anno e chiediti:

  • Come sarò una volta che sarò riuscito a riprendere in mano la mia vita? Sarò in grado di affrontare il cambiamento e familiarizzare con il “nuovo me stesso”? A lungo andare finiamo per identificarci con i nostri problemi e facciamo fatica ad immaginare una vita senza di loro. Questo perché la sofferenza purtroppo diventa una sensazione familiare e anche se vorremmo liberarcene, facciamo fatica a farlo. Per aiutarti in quest’ultimo passo puoi cercare nelle tue Risorse, ovvero puoi fare un elenco di tutti i tuoi successi, anche piccoli, l’importante è che ti concentri su tutte le volte in cui ce l’hai fatta. Questo ti permette di identificare le tue risorse, i tuoi punti di forza da sfruttare per raggiungere il tuo obiettivo anche questa volta.

Rispondere a queste domande può aiutarti a chiarire meglio la tua problematica e può indirizzarti nella scelta di un percorso psicoterapico.

Fonti

  • Tahon P. (2019). Metti a dieta la tua mente. Gribaudo
  • Dalle Grave R. (2015). Alle mie pazienti dico… Positive Press

Valentina Bennati