IMPARARE A RICONOSCERE LA DEPRESSIONE

Depressione non vuol dire solo uno stato di profonda tristezza che è visibile a tutti. Si può essere depressi anche se non ce ne rendiamo conto, anche se agli occhi degli altri sembriamo contenti, apparentemente soddisfatti della nostra vita. Magari cerchiamo di farci vedere così!

Invece dentro di noi ci sentiamo infinitamente stanchi, privi di energia, annoiati da ciò che ci circonda, privi di interesse anche per le cose che fino a poco tempo prima ci appassionavano.

Ci sentiamo lontani e distaccati da chi ci sta intorno, anche dai nostri familiari e questo ci fa sentire tremendamente in colpa. Ma loro non ci capiscono, ci dicono “forza, tirati su, reagisci, mettici l’impegno e tutto si risolve!”. E così ci sentiamo sempre più soli, impotenti e senza speranza. Tutto il nostro mondo, il futuro, gli altri e noi stessi si coprono di un velo scuro, attraverso il quale è difficile vedere la luce.

Quindi è depressione?

Per parlare di depressione, di disturbo depressivo maggiore, devono essere presenti alcuni elementi, tra i quali marcato e duraturo umore depresso, mancanza di interesse, sintomi fisici e mentali (insonnia, scarso appetito, difficoltà di concentrazione, agitazione, sentimenti di inutilità…) per una durata di almeno due settimane e tali sintomi devono interferire in modo significativo con la vita quotidiana. La diagnosi di depressione viene fatta dallo specialista dopo una valutazione iniziale dei sintomi presentati, delle cause e dei fattori che mantengono il disturbo.

Forse non soffri di depressione, ma se hai qualche sintomo tra quelli elencati potresti essere a rischio. Di seguito ci sono alcune domande che, provando a rispondere, potrebbero aiutarti a capire se le emozioni che provi, i tuoi pensieri e il tuo comportamento rientrano nel quadro presentato.

Nel caso fosse così non esitare a chiedere aiuto.

  • Cosa senti fisicamente? Avverti qualche cambiamento nel tuo corpo?
  • A cosa pensi?
  • Quali emozioni provi?
  • Cosa fai e/o eviti di fare?

(www.istitutobeck.com)

Valentina Bennati

LA TERAPIA DEL BENESSERE CONTRO LE RICADUTE NELLA DEPRESSIONE

La depressione è un disturbo dell’umore che ha un decorso solitamente ricorrente e persistente, ossia dopo il primo episodio di depressione aumenta la probabilità di ricaduta nel disturbo del 50% e con i successivi episodi di comparsa dei sintomi depressivi la probabilità di ricaduta aumenta sempre di più (dopo il secondo episodio: 60-90% di probabilità, dopo il terzo episodio 95% di probabilità).

E’ presente quindi una vulnerabilità delle persone guarite dalla depressione (con guarigione si intende almeno sei mesi senza disturbo depressivo) a ricadere e questo è dovuto alla presenza di sintomi residuali (ansia e irritabilità) e ad uno scarso livello di benessere alla fine di un percorso psicoterapico o farmacologico.

Per tale ragione è importante affiancare alla tradizionale psicoterapia volta a ridurre i sintomi anche una terapia in grado di aumentare il benessere psicologico.

La terapia del benessere di Giovanni A. Fava è proprio rivolta ai pazienti in remissione (guarigione) e ha lo scopo di ridurre la vulnerabilità alla ricaduta, aumentando la qualità di vita e ponendo l’attenzione non al disagio ma al benessere psicologico (Fava, 2017).

Durante la terapia del benessere (della durata di circa otto sedute settimanali) si va ad intervenire su alcune dimensioni del benessere che risultano danneggiate, con lo scopo di potenziarle:

  1. Mastery ambientale: manca la sensazione di poter controllare il mondo esterno, ci sentiamo sopraffatti dagli impegni di tutti i giorni. L’obiettivo è portare il paziente a percepirsi competente e in grado di affrontare il mondo esterno.
  2. Crescita personale: manca la sensazione di miglioramento nel corso del tempo, l’interesse per la vita. L’obiettivo è aiutare il paziente a notare i miglioramenti e i cambiamenti di sé e del proprio comportamento nel corso del tempo.
  3. Scopi nella vita: la vita risulta priva di significato, non ci sono prospettive, non si pensa al futuro. Lo scopo è aiutare il paziente a rappresentarsi degli obiettivi da perseguire, proiettandosi nel futuro, avendo ben presente la direzione nella sua vita.
  4. Autonomia: il giudizio su noi stessi si basa esclusivamente sulle aspettative e sui valori ritenuti importanti per gli altri. L’obiettivo è portare il paziente a rendersi indipendente dai giudizi altrui e a valutarsi secondo standard personali.
  5. Accettazione di sé: è presente il desiderio di essere diversi da come siamo, non siamo soddisfatti di come sono andate le cose in passato. L’obiettivo è aiutare il paziente a sviluppare un atteggiamento positivo verso sé stesso, accettando sia le qualità positive che quelle negative.
  6. Relazioni positive con gli altri: vi sono poche relazioni intime, si ha difficoltà ad aprirsi con gli altri. Lo scopo è aiutare il paziente ad avere e mantenere relazioni intime, ad essere affettivo ed empatico con gli altri.

La terapia può dirsi conclusa quando si è raggiunto un buon funzionamento nell’area danneggiata.

Valentina Bennati