VOLEVO SCRIVERTI UNA LETTERA… LA RABBIA E IL LUTTO

Quando perdiamo una persona cara, ci concediamo di provare dolore, angoscia, paura, a volte ci sentiamo anche in colpa e impotenti per non aver fatto abbastanza. Tutte queste emozioni si possono più o meno condividere con chi ci sta vicino, perché sono sentimenti comprensibili e accettabili da chi abbiamo davanti: una persona cara ci ha lasciato e noi non possiamo che essere addolorati.

Se con quella persona che non c’è più avevamo un rapporto conflittuale e ora nei suoi confronti proviamo anche una forte rabbia, come facciamo?

Provare rabbia per la persona che ci ha lasciato ci può far sentire delle “cattive persone” e può portarci a non confidare questo segreto con nessuno, aumentando in noi la sofferenza e rendendo più complicata l’elaborazione naturale del lutto.

La rabbia rimane in sospeso. Questa emozione, che percepiamo come inaccettabile prima di tutto per noi stessi e poi agli occhi di chi ci sta intorno, non ci permette di elaborare la perdita e riprendere in mano la nostra vita.

La rabbia tiene in vita quel legame, così come era nella realtà e non ci permette di trasformarlo in qualcos’altro, in un rapporto dove non c’è più la persona fisica, ma è rappresentata nella nostra mente.

Provare rabbia per qualcuno che non c’è più è una reazione molto comune ed è presente molto di più di quando si possa credere…semplicemente tendiamo a non comunicarla e la teniamo dentro segretamente.

Un metodo per tirare fuori la rabbia e concederci di provarla?

Scrivete una lettera…

Provate a scrivere una lettera alla persona che non c’è più dove descrivete tutti i motivi per i quali siete arrabbiati con lei/lui, tutto quello che magari non siete riusciti a dire perché non c’è stato tempo o perché non avete avuto il coraggio di dirle quando era in vita.

Concedetevi di esprimere la rabbia, ne avete tutto il diritto! E’ quello che provate ed è questo quello che conta. Le emozioni vanno vissute tutte per poter ritrovare un equilibrio.

Potete poi scegliere voi stessi quale sarà il destino di quella lettera: potrete gettarla, bruciarla, metterla in un cassetto o fare qualsiasi altra cosa seguendo i vostri bisogni e desideri.

Valentina Bennati

ELABORAZIONE DEL LUTTO DURANTE IL COVID-19

Prima di trattare l’elaborazione del lutto e nello specifico l’elaborazione del lutto durante l’emergenza Coronavirus, vorrei spiegare cosa è il lutto e cosa è l’elaborazione del lutto in generale.

Cos’è il lutto?

Il lutto è una reazione che si prova di fronte ad una perdita e comprende il dolore che proviamo (quello che viene chiamato cordoglio), le condoglianze, il funerale, ovvero tutto ciò che ruota attorno alla perdita. Tale reazione non si prova per tutti, ma solo nei confronti di quelle persone con le quali avevamo una relazione di attaccamento.

Cos’è l’elaborazione del lutto?

L’elaborazione del lutto è il processo fisiologico, naturale di adattamento alla perdita. La durata varia da persona a persona ed in base a diversi fattori, come le circostanze della morte, il tipo di relazione che avevamo con il defunto e il tipo di morte (per esempio morte improvvisa, dopo una lunga malattia…).

In generale possiamo dire che l’elaborazione naturale di un lutto avviene in 12-18 mesi. Tutti i sintomi e le reazioni della persona durante questi mesi sono normali, rientrano nel suo tentativo naturale e spontaneo di elaborare il proprio lutto. Passati questi mesi, se l’elaborazione del lutto non è ancora avvenuta, il lutto è probabile che si complichi ed è possibile pensare di chiedere l’aiuto di un terapeuta.

Secondo la teoria dell’attaccamento di Bowlby il processo di elaborazione del lutto passa attraverso quattro fasi, durante le quali la persona passa da una fase iniziale di shock, da una successiva fase di struggimento, per arrivare ad una terza fase di disperazione e infine, dopo aver espresso tutto il proprio dolore, all’ultima fase di riorganizzazione della propria vita e accettazione della perdita.

Affinché una perdita venga elaborata è necessario portare a termine queste fasi, che prevedono un rituale di saluto della persona perduta: le condoglianze, i necrologi, il funerale, il vedere e toccare il corpo del defunto.

Tutto questo è fondamentale ai fini dell’elaborazione del lutto.

COSA SUCCEDE IN QUESTA EMERGENZA?

Ci sono due differenze sostanziali:

  • La prima riguarda il clima nel quale si svolge il processo del morire e il luogo. La persona si ammala in questo clima di paura nel quale stiamo vivendo e viene portato via in ambulanza da solo, in quanto i parenti non possono accompagnarlo perché sono in quarantena. Tutto si congela nell’attesa. I familiari oscillano tra speranza e disperazione, con il timore di non poter più rivedere il proprio caro. Vederlo portare via in ambulanza potrebbe essere stato l’ultimo saluto. In queste condizioni i lutti assumono caratteristiche simili ai traumi, difficili da elaborare.
  • La seconda differenza riguarda ciò che avviene dopo la morte. I familiari non sono potuti stare vicino al proprio caro mentre stava male e mentre stava morendo. Non possono stare vicino a lui neanche dopo la morte. I funerali sono cancellati, non c’è la vicinanza e il conforto del sociale, non si può vedere e toccare il corpo. Questo ultimo aspetto è fondamentale: vedere e toccare il corpo ci consente di fare un esame di realtà e constatare la morte. E’ un passaggio doloroso ma necessario, altrimenti si rimane in una condizione di sospensione, in un limbo, dove si può ancora sperare che la morte non sia avvenuta (“fino a quando non lo vedo posso sempre sperare che non sia così”).

Tutte queste condizioni possono generare difficoltà di elaborazione del lutto e diverse patologie (disturbi psicosomatici, ansia, depressione…).

Cosa possiamo fare?

  • Parlare dell’accaduto e condividere il dolore con chi ci sta vicino (il dolore se condiviso si riduce)
  • Dare libero sfogo al proprio dolore, piangere, aiuta a dare un significato a quanto stiamo vivendo
  • Chiedere aiuto ad un terapeuta che ci può accompagnare nel percorso di elaborazione della perdita aiutandoci a portare a termine il rituale di saluto della persona perduta

Fonti:

Onofri A., La Rosa C., (2015). Il lutto. Psicoterapia cognitivo evoluzionista e EMDR. Giovanni Cortina Editore

Di Caro S., (2017). La psicoterapia del distacco. Dinamiche intrapsichiche, funzionamenti familiari e trattamento del lutto in terapia relazionale. (Bi)sogno di Psicoterapia.

Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dove erano, ma sono ovunque noi siamo (Sant’Agostino)

Valentina Bennati

IL LUTTO E IL PROCESSO DI ELABORAZIONE DI UNA PERDITA

Il lutto è una reazione che si prova di fronte alla perdita di una persona con la quale avevamo instaurato un legame di attaccamento. Questa reazione di dolore viene definita cordoglio. Oltre al cordoglio (dolore da lutto) il lutto comprende altri aspetti, come i rituali del funerale, le condoglianze e il reinventarsi per adattarsi alla vita senza la persona perduta.

L’elaborazione del lutto è il processo fisiologico, naturale di adattamento alla perdita.

Quanto impiega una persona ad elaborare spontaneamente un lutto?

La durata e l’intensità variano da persona a persona e dipendono da diversi fattori (personali, interpersonali, legati alle circostanze della morte…), ma in genere un lutto si risolve spontaneamente in 12-18 mesi. In questi mesi qualsiasi reazione della persona rientra nella sua naturale risposta ad una perdita (la persona sta fisiologicamente elaborando il proprio lutto).

Passato questo periodo se il lutto non è stato ancora elaborato ci troviamo probabilmente di fronte ad un lutto complicato e possiamo pensare di rivolgerci ad uno psicoterapeuta per farci aiutare nell’elaborazione.

Cosa avviene in questi 12-18 mesi?

Le quattro fasi del lutto secondo la teoria dell’attaccamento di Bowlby

  • Prima fase: stordimento e incredulità. Dura da alcune ore a una settimana e può essere interrotta da accessi di dolore e/ collera. Qui non ci rendiamo conto di quanto è avvenuto.
  • Seconda fase: ricerca e struggimento. Può durare alcuni mesi (qualche volta anni). Iniziamo a renderci conto della perdita e questo provoca alcune reazioni come fitte di dolore, singhiozzi disperati e ricerca della persona perduta: tendenza a ripercorrere con la memoria i momenti passati insieme, sensazione di vederla tra la folla, di sentire il suo odore, la sua voce o percepirne la presenza.
  • Terza fase: disorganizzazione e disperazione. Si esprime attraverso il pianto frequente e l’umore depresso. La disperazione deriva dalla consapevolezza che gli sforzi fatti per riavere la persona perduta sono senza speranza.
  • Quarta fase: riorganizzazione. Una volta che abbiamo espresso tutto il dolore si passa all’ultima fase. Ammettiamo e accettiamo poco alla volta che la perdita è davvero definitiva e che la nostra vita deve riadattarsi.

Quando un lutto si può dire risolto?

Si parla di lutto risolto quando la persona è in grado di interiorizzare che la persona amata non c’è più e di modificare la propria vita tenendo conto di questa assenza.

Il legame con la persona che ci ha lasciato, sarà un altro tipo di legame, non più caratterizzato dalla presenza fisica ma sarà un legame interno, legato ai ricordi.

Non si tratta della fine di un legame, ma di trasformazione del legame.

Il lutto sano è il tentativo riuscito, da parte di un individuo, di accettare l’irreversibilità della perdita e di riorganizzare i propri legami affettivi (J. Bowlby)

Fonte: Onofri A., La Rosa C., (2015). Il lutto. Psicoterapia cognitivo evoluzionista e EMDR. Giovanni Cortina Editore

Valentina Bennati