SEI UN FAMILIARE DI UN PAZIENTE CON DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO (DOC)? ECCO COME PUOI AIUTARLO…

  • Cerca di informarti il più possibile sulle cause, sulle caratteristiche e sul trattamento di questo disturbo. Ci sono alcuni libri di facile comprensione che aiutano in questo, come per esempio “Avrò chiuso la porta di casa?” di Fricke S. e Hand I. Ed. Erickson. Sapere di cosa si tratta ti aiuta a sentirti meno in ansia per quello che state vivendo.
  • Condividi quello che stai provando con le persone delle quali ti fidi. Avere qualcuno con cui sfogarsi ti permette di sentirti meno solo e allevia l’intensità delle tue paure, dell’impotenza che puoi sentire, della vergogna che può presentarsi di fronte ai pregiudizi e alla scarsa comprensione degli altri.
  • Non modificare le tue abitudini per andare incontro alle sue richieste con l’intento di non farlo stare peggio. Ci sono familiari che non fanno più entrare in casa amici perché questo interferirebbe con i rituali compulsivi. Questo non lo aiuta, anzi peggiora i sintomi perché entri anche tu nel circolo vizioso del disturbo.
  • Non tollerare situazioni che per te è evidente che non sono normali. Alcuni familiari riferiscono di limitarsi nell’utilizzo, per esempio, del bagno per i timori di contaminazione del paziente. Questo non lo aiuta, ma al solito mantiene il disturbo o addirittura lo fa peggiorare.
  • Non partecipare ai rituali ossessivi. Questa tendenza può essere sollecitata dalle richieste del paziente e per mantenere la pace in famiglia puoi essere tentato nell’aiutarlo nei suoi rituali. Facendo così però, anche qui, entri nel circolo vizioso e rinforzi i suoi sintomi.
  • Non dare le rassicurazioni che inevitabilmente il tuo caro ti richiede. Non rispondere a domande tipo “Ho controllato abbastanza se è chiuso il gas?”, “Non ci sarà una perdita di gas vero?”. Quello che sta cercando con queste domande è la certezza assoluta che le conseguenze temute non si verificheranno. Noi non abbiamo la risposta a questo. E’ vero che il nostro intento è aiutarlo, ma stiamo semplicemente andando dietro i suoi pensieri ossessivi.
  • Non sostituirti a lui neanche per compiti banali o prese di decisione semplici. Potrai avere la sensazione di doverlo aiutare in questo, ma in questo modo rafforzi la sua paura di assumersi la responsabilità di qualcosa che è il nucleo di questo disturbo.

Tutte queste indicazioni non sono per niente facili e richiedono un tuo impegno intenso e costante, ma necessario per aiutare concretamente il tuo caro a tornare a stare bene.

Accanto al messaggio implicito “si può sconfiggere il DOC” che sta dietro a tutte queste indicazioni, ci deve essere sempre il riconoscimento della sofferenza e delle difficoltà che il paziente vive ogni giorno. Ma tu che gli vuoi bene saprai fare questo al meglio…

Fonte: Istituto A.T. Beck

Valentina Bennati

IMPARARE A RICONOSCERE LA DEPRESSIONE

Depressione non vuol dire solo uno stato di profonda tristezza che è visibile a tutti. Si può essere depressi anche se non ce ne rendiamo conto, anche se agli occhi degli altri sembriamo contenti, apparentemente soddisfatti della nostra vita. Magari cerchiamo di farci vedere così!

Invece dentro di noi ci sentiamo infinitamente stanchi, privi di energia, annoiati da ciò che ci circonda, privi di interesse anche per le cose che fino a poco tempo prima ci appassionavano.

Ci sentiamo lontani e distaccati da chi ci sta intorno, anche dai nostri familiari e questo ci fa sentire tremendamente in colpa. Ma loro non ci capiscono, ci dicono “forza, tirati su, reagisci, mettici l’impegno e tutto si risolve!”. E così ci sentiamo sempre più soli, impotenti e senza speranza. Tutto il nostro mondo, il futuro, gli altri e noi stessi si coprono di un velo scuro, attraverso il quale è difficile vedere la luce.

Quindi è depressione?

Per parlare di depressione, di disturbo depressivo maggiore, devono essere presenti alcuni elementi, tra i quali marcato e duraturo umore depresso, mancanza di interesse, sintomi fisici e mentali (insonnia, scarso appetito, difficoltà di concentrazione, agitazione, sentimenti di inutilità…) per una durata di almeno due settimane e tali sintomi devono interferire in modo significativo con la vita quotidiana. La diagnosi di depressione viene fatta dallo specialista dopo una valutazione iniziale dei sintomi presentati, delle cause e dei fattori che mantengono il disturbo.

Forse non soffri di depressione, ma se hai qualche sintomo tra quelli elencati potresti essere a rischio. Di seguito ci sono alcune domande che, provando a rispondere, potrebbero aiutarti a capire se le emozioni che provi, i tuoi pensieri e il tuo comportamento rientrano nel quadro presentato.

Nel caso fosse così non esitare a chiedere aiuto.

  • Cosa senti fisicamente? Avverti qualche cambiamento nel tuo corpo?
  • A cosa pensi?
  • Quali emozioni provi?
  • Cosa fai e/o eviti di fare?

(www.istitutobeck.com)

Valentina Bennati