IMPARARE A RESPIRARE CON LO YOGA

La respirazione gioca un ruolo fondamentale per la salute psicofisica.

LA RESPIRAZIONE IN UNA PERSONA BEN REGOLATA

Una respirazione ben regolata, ovvero lenta e regolare, garantisce un buon equilibrio psicofisico. Ad ogni inspirazione, la frequenza cardiaca cresce, mentre durante l’espirazione il cuore rallenta. Cuore e respiro sono in perfetta sincronia.

LA RESPIRAZIONE IN UNA PERSONA TRAUMATIZZATA

In persone che soffrono di Disturbo Post-Traumatico, durante un flashback (rivivere il ricordo traumatico), la respirazione è inizialmente profonda e forzata come durante un attacco di panico. Il battito cardiaco non è sincronizzato con il respiro. Ne risulta una respirazione rapida e superficiale e una frequenza cardiaca bassa.

COME FUNZIONA LO YOGA?

Lo yoga aiuta a trovare l’equilibrio interno e ha quindi un effetto benefico sull’organismo.

Praticare yoga permette di imparare a rallentare la respirazione e a sincronizzarla con il ritmo cardiaco. Questo permette, a sua volta, alle persone traumatizzate di sentirsi sempre più rilassate e al sicuro nel proprio corpo.

I corsi di yoga comprendono una combinazione di pratiche di respirazione (pranayama), allungamenti o posizioni (asana) e meditazione.

L’obiettivo è quello di riuscire a percepire cosa accade alle diverse parti del corpo, a seconda delle posizioni e non quello di fare le posizioni nel modo giusto.

Nel post-trauma la persona cerca di evitare le sensazioni provenienti dal proprio corpo. Praticare yoga fa sì che cessi, con il tempo, questo evitamento per lasciare spazio all’ascolto del corpo stesso.

L’ascolto del corpo permette di comprendere ciò che proviamo e di conseguenza ci predispone a fare attenzione ai propri bisogni.

Tutto ciò ci predispone a migliorare la nostra capacità di prenderci cura di noi stessi.

Fonte: Bessel Van Der Kolk (2015). Il corpo accusa il colpo. Raffaello Cortina Editore

FATTORI DI RISCHIO NELL’ABUSO SESSUALE INFANTILE

Quando ci troviamo di fronte ad un trauma è fondamentale analizzare i fattori di rischio per capire il tipo di esperienza traumatica e prevedere le possibili conseguenze, in modo da intervenire il prima possibile.

Nel caso specifico di trauma da abuso sessuale nel bambino, ci sono 4 fattori di rischio da tenere presenti:

  1. Tipo di abuso subito e durata: il bambino ha subito dei veri e propri rapporti fisici o esposizioni visive, toccamenti, racconti? Per quanto tempo ha subito abusi?
  2. Età e risorse individuali del bambino: quanti anni aveva il bambino quando è avvenuto il trauma? Quali erano le risorse del bambino?
  3. Identità di chi ha abusato: chi è la persona che ha abusato? Qual’ è il grado di parentela tra il bambino e chi ha abusato?
  4. Ambiente di appartenenza: quali sono le caratteristiche dell’ambiente in cui vive il bambino? Quali sono le dinamiche familiari?

Ogni storia di abuso presenta caratteristiche e conseguenze diverse, anche se si parla di tipologie di abuso apparentemente simili. Per questo è importante valutare i vissuti di ogni singola persona.

Fonte: C’era una volta un bambino. Sara Bakacs

Per approfondire: Le emozioni legate all’abuso sessuale infantile

Valentina Bennati

COME ELABORARE IL PASSATO TRAUMATICO

MEMORIA TRAUMATICA E MEMORIA NORMALE

Come funziona la nostra memoria?

Quando raccontiamo gli aventi della nostra vita, lo facciamo riportando il nostro punto di vista sulla realtà. Questi racconti sono sottoposti a continui aggiornamenti e revisioni nel corso del tempo in base alle esperienze e agli stimoli dell’ambiente circostante.

La maggior parte della vita quotidiana viene dimenticata per lasciare spazio a particolari ricordi relativi ad eventi che ci hanno coinvolto emotivamente ad un alto livello e ricchi di significato in quel preciso momento in cui li abbiamo vissuti.

Tutto ciò che è straordinario, al di fuori dei nostri schemi mentali, viene ben impresso nella memoria e l’accuratezza del ricordo è strettamente legata alla produzione di adrenalina che il corpo secerne nel momento in cui ci troviamo a fronteggiare tale evento straordinario.

In cosa si differenzia la memoria traumatica dalla memoria normale?

Janet fu il primo a fare una distinzione tra memoria narrativa (“memoria normale o ordinaria”), ovvero la storia che le persone raccontano del trauma che hanno vissuto e la memoria traumatica stessa.

  • La memoria traumatica è attivata da stimoli specifici: se un aspetto legato all’evento traumatico viene sollecitato, è probabile che altri elementi verranno associati ad esso automaticamente. La memoria normale non è attivata da stimoli specifici.
  • La memoria traumatica è fissa e non si adatta alle circostanze, mentre la memoria normale è adattiva, ovvero il racconto degli eventi è flessibile e può essere modificato per adeguarsi al contesto.
  • La memoria traumatica non ha uno scopo “utile”, mentre la memoria normale è una memoria sociale, ovvero è una storia che raccontiamo con uno scopo (ad esempio ottenere conforto, condividere).
  • La memoria traumatica è un’esperienza alienante, isolata, congelata nel tempo, mentre la memoria normale è integrata nella storia di vita attraverso nessi logici.
  • La memoria traumatica è disorganizzata, non ha sequenza temporale e spesso si ha difficoltà a ricordare la sequenza degli eventi o dettagli salienti. La memoria normale è organizzata con una sequenza temporale che ha un inizio, una parte centrale e una fine.
  • La memoria traumatica sfugge al nostro controllo, ovvero non siamo noi a decidere di ripercorrere il ricordo di un particolare evento traumatico, ma questo sopraggiunge in modo improvviso (attraverso flashback, incubi…). La memoria normale è volontaria, ovvero siamo noi ad avere il controllo sui ricordi e siamo in grado di ripercorrere un ricordo particolare nel momento in cui lo vogliamo.
  • La memoria traumatica è diversa dalla storia passata che raccontiamo, ovvero non è inserita correttamente nella nostra storia autobiografica, rimane un ricordo a sé, staccato. La memoria normale è inserita invece normalmente nella nostra storia autobiografica.

LA CURA: INTEGRARE IL NOSTRO PASSATO

Come possiamo lavorare in psicoterapia sulle memorie traumatiche per riuscire a non esserne più sopraffatti?

Intervenire sulle memorie traumatiche significa aiutare la persona a integrare i vari elementi del trauma che fino ad ora sono rimasti distaccati, ma che fanno parte del passato, all’interno della storia corrente della vita. In questo modo la mente sarà in grado di distinguere quello che fa parte del passato e quello che appartiene al presente.

In termini concreti significa andare a raccontare gli eventi traumatici nel dettaglio, rivivendoli in un contesto protetto, all’interno della seduta di psicoterapia. Questo ci aiuta a dare un significato a quanto successo, ad inserirlo all’interno della propria storia e a lasciare il passato nel passato.

L’obiettivo non può essere quello di cancellare quello che ci è accaduto, ma essere in grado di vivere il presente seppur con le cicatrici legate al trauma.

Le cicatrici profonde scavate dal trauma e dal ricordo del trauma stesso, ci possono aiutare a vedere il mondo da una prospettiva nuova. Dopo il trauma non siamo più gli stessi, ma possiamo imparare a convivere con le ferite del nostro passato cogliendo le cose belle che il presente è in grado di donarci.

Fonti:

  • Bessel Van Der Kolk (2015). Il corpo accusa il colpo. Raffaello Cortina Editore
  • Liotti G., Farina B. (2011)- Sviluppi traumatici. Raffaello Cortina Editore

Valentina Bennati